Valeria Solesin – vittima italiana degli attentati di Parigi

Morta Valeria Solesin, la giovane italiana dispersa al Bataclan. Identificati kamikaze – maggiori info: Ieu Reporter

La conferma dei genitori della ragazza. A Parigi identificato uno dei kamikaze: è un francese di 29 anni, arrestati 7 famigliari. Ritrovata una seconda auto con alcune armi, rafforza l’ipotesi che alcuni assalitori siano in fuga


La ragazza italiana dispersa dopo l’attacco al Bataclan di Parigi, come apprende La Stampa da una fonte che si trova a Parigi. A confermarlo è stato anche il padre della ragazza, che davanti all’abitazione a San Marcuola, nel centrale sestiere di Canareggio (Venezia).

Valeria Solesin

Valeria Solesin, 28 anni, originaria di Venezia, si era diplomata nel 2006 al liceo scientifico Benedetti del capoluogo veneto. Laureatasi a Trento, si era trasferita a Parigi dove viveva ormai da quattro anni come uno dei tanti cervelli in fuga. Dottoranda in demografia nella prestigiosa Università della Sorbona, studiava sociologia e si occupava di temi legati alla famiglia e ai bambini.

In pochi anni aveva già pubblicato alcuni saggi raccogliendo tra l’altro interviste ed entrando anche nello specifico di alcune realtà cittadine molto diverse tra l’Italia frammentata in tanti comuni grandi e piccoli e la Francia con Parigi catalizzatrice della comunità transalpina. La madre ha ricordato la sua esperienza con i clochard di Parigi, «per conoscere tutte le sfaccettatura di una realtà che andava a studiare e frequentare». In passato aveva lavorato anche come volontaria per Emergency.


È morta Valeria Solesin, la giovane veneziana di cui non si avevano più notizie dopo la strage del Batclan. E’ una delle vittime della notte di terrore senza precedenti a Parigi che ha causato 129 morti e 352 feriti (di cui 99 gravi). Continuano a ritmo serrato le indagini per raccogliere informazioni sui sei diversi attacchi messi a segno nel cuore della città. La carneficina è stata rivendicata dall’Isis come «l’11 settembre francese». Sono state ritrovate due delle auto usate dagli attentatori, una in un sobborgo della città, fatto che rafforza l’ipotesi che alcuni terroristi siano in fuga. Dopo Omar Ismail Mostefai sono stati identificati altri due kamikaze.


Chi sono i kamikaze della porta accanto? A parte i nomi, di loro si sa già molto, anche se non tutto. Il punto l’ha fatto il procuratore di Parigi, François Molins, lo stesso delle indagini sulla strage a «Charlie Hebdo», in una secca dichiarazione alla stampa ieri alle 19, dopo che per tutta la giornata si erano rincorse e accavallate voci, comprese quelle inventate di sana pianta come i quattro poliziotti uccisi o il posto di blocco forzato da una macchina in fuga nell’Île de France.

Oltre mezz’ora di guerra  

Intanto, i numeri. Il bilancio, purtroppo provvisorio, di 33 minuti di guerra nel centro di Parigi è di 129 morti e 352 feriti, di cui 99 «in stato di urgenza», insomma che rischiano la vita. I terroristi morti sono sette, sei che si sono fatti saltare e uno che è stato eliminato durante l’assalto delle teste di cuoio al Bataclan. I gruppi in azione erano tre: il primo allo Stade de France, il secondo fra i locali del decimo e dell’undicesimo arrondissement, il terzo alla sala da concerto.

Questo significa che un gruppo, il secondo, è ancora in tutto o in parte in fuga. I criminali erano equipaggiati allo stesso modo: gilet o cintura esplosiva, imbottiti di perossido di azoto e di ferraglia, e kalashnikov. Tutti i bossoli ritrovati sono calibro 7.62. Secondo il «Wall Street Journal», che cita un addetto della sicurezza dello Stade de France, un terrorista imbottito di esplosivo è stato bloccato mentre stava entrando con un regolare biglietto nelle gradinate, è stato inseguito e, per fortuna, si è fatto saltare all’esterno. Altrimenti la strage allo stadio sarebbe stata ben peggiore.

Giovani e addestrati  

I testimoni sono concordi: i terroristi erano giovani, ben equipaggiati, ben addestrati e molto sicuri di loro. Urlavano «Allah akbar!» e citavano la Siria. Secondo gli 007 inglesi, si tratta sicuramente di gente che ha combattuto lì. Due cellule si sono mosse in auto, che sono state identificate: su una Seat nera quella che ha attaccato i ristoranti, su una Polo sempre nera quella del Bataclan. Nessun dubbio sul fatto che il blitz sia stato coordinato e nemmeno sulla rivendicazione che l’Isis ha diffuso venerdì notte, troppo precisa perché lo Stato islamista possa attribuirsi i crimini altrui.

Finora, è stato identificato con certezza solo uno dei kamikaze morti. Di lui è rimasto solo un dito sezionato. Ma abbastanza per riconoscere le impronte, che provano che aveva trent’anni, nato nel 1985 a Courcouronnes, grosso paesone di 13 mila abitanti circa 27 chilometri a sud-ovest di Parigi e «zona sensibile», noto soprattutto perché sorge lì la più grande moschea francese. La classica banlieue popolata di immigrati arabi o africani, spesso non di prima generazione: il kamikaze era francese. Aveva collezionato otto condanne per reati comuni, ma non era mai finito in carcere. Però era stato schedato per radicalizzazione, quindi era noto ai servizi: inevitabili le polemiche sul loro funzionamento.

Altre polemiche arriveranno sul percorso di un altro dei terroristi morti. È stato ritrovato il suo passaporto: è un siriano di 25 anni, sconosciuto ai servizi francesi. Ma il viceministro degli Interni greco, Nikolaos Toskas, ha detto che l’uomo è entrato in Europa come «rifugiato»: è stato registrato il 3 ottobre sull’isola greca di Lero.

Infine, la filiera belga. La Polo nera sulla quale si spostava il commando della strage al Bataclan era stata noleggiata a Bruxelles da un uomo di cittadinanza francese. Dentro, sono stati trovati dei biglietti di un parcheggio nel quartiere di Molenbeek di Bruxelles. Il noleggiatore, di cui Molins non ha reso noto le generalità, è stato fermato per caso alla frontiera franco-belga su un’altra automobile e in compagnia di due persone. Nel frattempo, la polizia belga lanciava una grande operazione a Molenbeek, che è un noto covo di jihadisti. Secondo il ministero della Giustizia belga, gli arrestati sono cinque. Il premier di Bruxelles, Charles Michel, ha aggiunto che uno dei cinque era a Parigi. Secondo gli inquirenti belgi, gli assassini hanno preparato l’assalto scambiandosi messaggi sulla Playstation, più difficile da intercettare. Insomma, non c’è dubbio che la filiera terroristica sia franco-belga. A Parigi, i 2.200 investigatori mobilitati dalla Polizia giudiziaria parigina stanno vagliando le schede di 1.700 noti islamisti e di oltre duemila «radicali potenziali».

Misteri e perplessità  

Restano ancora dei misteri e delle perplessità. Intanto, diversi testimoni citano la presenza di una donna, di cui però nelle ricostruzioni non c’è traccia. Poi sicuramente nel commando ci doveva essere un artificiere, perché preparare un giubbotto esplosivo è un lavoro delicato che richiede competenze specifiche. Ma, secondo Claude Clouet, ex capo della Dgse, il servizio informazioni all’estero francese, «l’artificiere è troppo prezioso, non partecipa mai agli attacchi». Infine, la pista tedesca. Il ministro bavarese degli Interni, Joachim Hermann, ha riferito dell’arresto, una settimana fa, di un misterioso montenegrino che guidava una macchina carica di armi ed esplosivo, episodio «sicuramente» collegato alla strage di Parigi, chissà.

Fin qui le indagini. Prima o poi, i terroristi li prenderanno tutti. Non c’è dubbio perché è sempre successo, nell’ormai lunga storia del terrore islamista in Francia. Il problema non è l’investigazione, ma la prevenzione. Dopo la tragedia di «Charlie Hebdo» si sono moltiplicati gli attentati, riusciti, sventati, di cani sciolti o ben preparati. Era plausibile aspettarsi il salto di qualità. Il rebus non era «se», ma «quando». Marc Trédivic, l’ex giudice del polo antiterrorismo, aveva lanciato l’allarme il mese scorso e oggi accusa: «Tutti sapevano che l’Isis preparava qualcosa d’importante». Evidentemente, qualcosa non ha funzionato.


Venerdì sera Valeria si trovava con il fidanzato e i due amici all’imgresso del Bataclan nel momento del primo blitz dei terroristi. Non erano ancora nella sala, spiega un’amica veneziana della famiglia, che per prima ha dato la notizia della scomparsa di Valeria sui social media.

Ma lì si sono staccati; nella calca gli altri tre hanno perso contatto con Valeria. Nessuno l’ha più vista. «Già nella notte – racconta l’amica – abbiamo tentato di contattarla ma non c’è stato nulla da fare nel caos che è seguito all’assalto». «Stava entrando nel teatro quando deve esserci stato l’assalto. Proprio in questa fase sarebbe stata separata dal gruppo, perdendo la borsa con cellulare e documenti che è stata raccolta da una sua amica; poi il nulla».

A concretizzare l’ipotesi già in mattinata erano stati i familiari, a partire dal padre, che ha riferito di aver appreso la notizia dal fidanzato della giovane veneziana. «Mi pare di capire che Valeria sia morta già venerdì», ha detto all’Adnkronos. «Non abbiamo avuto nessuna notizia dalla Farnesina – spiega – ma lo abbiamo appreso attraverso il fidanzato e gli amici che hanno seguito la vicenda lì a Parigi e avrebbero avuto notizie della sua morte».

Secondo il Gazzettino di Venezia la polizia parigina avrebbe già confermato l’accaduto ma si aspetta l’annuncio ufficiale della Farnesina. A quanto apprende l’Agi, intanto, l’ambasciatore d’Italia a Parigi, Giandomenico Magliano, e il console generale Andrea Cavallari, sono in questi minuti alla camera ardente di place Mazas per verificare se lì si trova la salma della ragazza.

ANSA

Pubblicato da psnews

Notizie di rete